Abbiamo visto una indagine commissionata dal CNOP su come gli italiani vedono lo psicologo, presentata in occasione della Giornata Nazionale della Psicologia.
E’ vero che è stata fatta prima della storia degli affidi di Reggio Emilia, ma riteniamo che rimanga sostanzialmente valida.
Un italiano su due ritiene che l’immagine dello psicologo sia migliorata rispetto a dieci anni fa, oltre otto italiani su dieci pensano che lo psicologo possa fornire un aiuto importante alle persone e nove italiani su dieci pensano che lo psicologo debba essere presente negli ospedali, nei servizi sociali e nella scuola.
Vi è quindi un notevole credito nella società nei confronti della professione. Credito che non è frutto del caso ma di un lavoro serio che la professione, evidentemente, ha fatto. E che va tutelato perché basta qualche “mela marcia” per compromettere l’immagine di tutti, anche di chi non c’entra proprio nulla. Al di la delle responsabilità degli psicologi coinvolti a Reggio (e che dovranno essere appurate) questo è l’insegnamento che ne esce.
Emerge anche un bisogno diffuso della professione da parte dei cittadini, che comincia ad essere avvertito ed incanalato in modo più appropriato. Tanto è vero che – sempre in base ai dati CNOP – quattro italiani su dieci hanno avuto a che fare direttamente o indirettamente con uno psicologo, anche se si è trattato anche di un breve contatto. Nella maggior parte dei casi risulta che si sia trattato di uno psicologo privato, e che molti hanno dovuto rinunciare per mancanza di mezzi a causa del numero inadeguato degli psicologi nel pubblico.
Si badi, in base alle statistiche diffuse mal Ministero Salute, gli psicologi dipendenti del SSN non sono diminuiti a differenza delle altre professioni, ma la verità è che sono pochi rispetto ai reali bisogni.
E qui entra in ballo la politica. Siamo riusciti a conquistare maggiore credito (come dimostrano risultato importanti in vari campi) ma si tratta di un lavoro che va rafforzato e articolato.
I politici hanno ancora (per lo più) una idea vaga e confusa delle attività che può svolgere lo psicologo nei diversi contesti e della solidità dei suoi strumenti: anche qui la storia di Reggio insegna.
Occorre quindi rafforzare l’immagine professionale mediante un ancoraggio più forte alle evidenze scientifiche, a prassi basati su indicazioni di efficacia, mostrando con autorevolezza e concretezza i nostri dati. E su questo chiedere coerenza alla politica e alle istituzioni, sia a livello nazionale che locale (il potere delle regioni e dei comuni è forte in questo campo).
Troppo spesso abbiamo visto con sufficienza questi aspetti, sottovalutato il ruolo delle società scientifiche, irriso al lavoro paziente per far entrare la psicologia nelle normative: dimenticando che se siamo contemplati forse questo produrrà qualcosa (è un credito che abbiamo), mentre se non ci siamo abbiamo la certezza del nulla, neanche una prospettiva da costruire o un credito da esigere. |